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Nel nuovo lavoro di OHT il palcoscenico si spoglia. Uno spettacolo che sparisce, si sottrae e non racconta nulla. Al centro del lavoro c’è un vuoto, un’assenza che permette l’emersione di qualcosa che conosciamo ma che non sappiamo più vedere. Privando il palco e la materia che lo abita di significati precostituiti, OHT omaggia il teatro per quello che è:

un teatro è un teatro è un teatro è un teatro.

Riprendendo la forma musicale del solfeggio, lo spettacolo torna ai fondamentali della scena riscoprendo il palcoscenico. Quinte, cieli, fondali, luci, americane, contrappesi; ogni elemento diventa una voce da ascoltare in purezza. Voci udibili perché senza parole. Esattamente come nel solfeggio dove le note si materializzano all’orecchio in se stesse: do-re-mi-fa-sol-la-si.

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Ogni elemento scenico si mostra diventando una linea melodica. Una monodia si sussegue all’altra interagendo senza gerarchie, senza un ordine prestabilito. Voci solitamente inudibili e invisibili alla platea si materializzano come un’efflorescenza del palcoscenico che, spogliato dal ruolo secondario cui è stato destinato, si fa sempre più barocco. Un barocco che eccede e spalanca il palco alla sua natura sfuggente e metamorfica. Una trasformazione incessante in cui la scena si articola in rapporti d’insistenza anziché di consistenza; il senso si frastaglia, il centro sbanda vorticosamente, ed emerge la sincronia fra gli elementi scenici a plasmare una narrazione periferica.

Il vuoto appare come uno stato mutevole animato da forze contrastanti e forme esuberanti che non permettono di essere colte nella loro interezza. Tendendo all’infinito, il barocco terremota la postura rinascimentale, strettamente centrale e antropocentrica, a favore di una dimensione più universale in cui l’uomo è una parte del tutto. Un terremoto visivo che estremizza le sfumature politiche della ricerca artistica di OHT che, in quest’ultima produzione, drammatizza il palcoscenico come un ecosistema complesso con forme di vita umane e non umane. Un super teatro; un luogo vitale in sé, in cui il dramma ritorna alla sua etimologia più pura: quella di essere azione e mutamento.

 

Suono       Il suono è un viaggio all'interno del teatro, nella sua complessità e comprensibilità. Un insieme di relazioni fra oggetti sonori, visivi e non che cercano di allontanarsi dalla trappola concettuale di voler trovare un fondamento ultimo. Svuotandosi della necessità di cercare certezze, il suono crea un mondo di prospettive, di manifestazioni anziché di fatti univoci o entità definite. Articolandosi come il respiro della manifestazione delle relazioni in scena, il mondo che ne emerge è un mondo rarefatto, un tenue e fragile velo, al di là del quale non c'è nulla.

anno

2021

durata

0:50:00.0

genere

teatro

credits

UN TEATRO È UN TEATRO È UN TEATRO È UN TEATRO
performance di OHT | Office for a Human Theatre

> regia e scena Filippo Andreatta
> suono e musica Davide Tomat
> assistente regia Veronica Franchi
> canzone "Beata Viscera" di Perotin
> voce Dania Tosi
>
luci Andrea Sanson
> sound design Claudio Tortorici
> responsabile allestimento Ronni Bernardi / Andrea Colò
> assistente responsabile allestimento Cosimo Ferrigolo
> super-farfalla Alberto Favretto
> fondali dipinti Paolino Libralato
> grafica bruno, Venezia
> promozione e cura Laura Artoni
> amministrazione Laura Marinelli
> in co-realizzazione con la squadra tecnica del CSC di Trento

> produzione OHT, Centro Santa Chiara di Trento
> co-produzione la Biennale di Venezia, fondazione i Teatri di Reggio Emilia
> con il contributo di Provincia Autonoma di Trento, Fondazione Caritro

storia produzione

05.VII.21 > premiere > Teatro Goldoni - la Biennale di Venezia
25.IX.21 > Teatro Ariosto - festival Aperto - i Teatri di Reggio Emilia
23-24.XI.21 > Teatro Sociale Trento - CSC S.Chiara

numero repliche

05